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SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNI MORTALI: CAUSE E RIMEDI

Il tema dell’infortunio sul lavoro è sempre molto sentito. La notizia del tragico decesso della ventiduenne Luana D’Orazio, rimasta incastrata nell’orditoio di un’azienda tessile nell’area di Prato, ha scosso l’Italia, che si è interrogata su come sia possibile che una ragazza così giovane, madre di un bambino di cinque anni, possa non tornare più a casa per un incidente simile in un luogo che invece dovrebbe essere un modello di sicurezza. E proprio mentre l’aula del Senato osservava un minuto di silenzio per ricordare Luana, in un’azienda di Busto Arsizio, in provincia di Varese, l’operaio meccanico di 49 anni, Christian Martinelli si è ferito mentre stava lavorando ad un tornio, rimanendo schiacciato tra gli ingranaggi. E la lista non è finita qui.
Il dato inquietante, secondo le stime dell’INAIL, è che in media in Italia muoiono di lavoro due persone al giorno.

Le denunce di infortunio con esito mortale presentate all’Inail tra gennaio e aprile sono state 306, ovvero 26 in più rispetto alle 280 registrate nel primo quadrimestre del 2020, quindi con un incremento del 9,3%. Bisogna precisare però che i dati vanno presi con cautela poiché sono fortemente influenzati dalla pandemia, come si premura di sottolineare l’Istituto. Una lieve flessione invece si è registrata per quanto riguarda il totale delle denunce di infortunio. Tuttavia i dati dell’INAIL e dell’ISTAT non tengono in considerazione gli infortuni eventualmente non denunciati dei lavoratori pagati in nero dai datori di lavoro, su cui è difficile fare una stima complessiva.

Le proposte dei sindacati

Quando si verifica un infortunio sul lavoro, ciò fa supporre che vi sia stata una violazione delle norme di sicurezza e prevenzione. Da più parti si sono sollevate voci di richiesta di maggior attenzione a tale aspetto; il tema è molto complesso e attiene in larga misura alla cultura della prevenzione e della formazione, che dovrebbero necessariamente “diventare una strategia e una scelta politica, con più risorse per mettere in sicurezza i processi produttivi e con più ispettori, più controlli e un coordinamento degli interventi”, come ha sottolineato il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri.
Il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia, dice che è prioritario focalizzare l’attenzione nelle fabbriche e in ogni luogo di lavoro ora più che mai, perché “non possiamo permettere che la ripresa dei ritmi produttivi in corso, sia fatta a scapito della sicurezza, sacrificando vite umane (…) Il lavoro dopo la pandemia deve essere più sicuro e non più pericoloso”.
Il segretario generale della Fiom Cgil, Francesca Re David, propone che «le risorse per l’innovazione che vengono date alle aziende anche attraverso il PNRR, devono essere vincolate all’adozione di misure sulla sicurezza attraverso le tecnologie 4.0 più avanzate e ad una corretta organizzazione del lavoro. Inoltre, non vanno messe in discussione le norme del codice degli appalti che con la logica della semplificazione intervengono sul costo del lavoro smantellando regole e diritti; e vanno rafforzati gli organismi di controllo e di ispezione e la medicina del lavoro sul territorio».

L’importanza dei Near Miss

Come noto agli addetti ai lavori, in Italia abbiamo il primato europeo e forse mondiale di norme in materia di sicurezza e tutela della salute … anche se poi, in concreto, al corpus normativo vigente non corrispondono risultati tali da posizionarci, in quest’ambito, tra i Paesi virtuosi della Ue.
Il verificarsi di un infortunio sul lavoro in un’azienda, anche di modesta gravità, è un evento che, oltre ad essere doloroso per la persona che l’ha subito, provoca una ricaduta economica sia per l’azienda da cui dipende il lavoratore sia per la Collettività, in quanto parte dei costi conseguenti all’evento ricadono su di essa.

Il più delle volte, l’analisi viene effettuata solo per gli eventi che hanno provocato un infortunio che comporta l’assenza del soggetto per più di tre giorni.
Invece l’analisi dovrebbe essere eseguita per tutti gli infortuni, a prescindere dalla loro gravità e soprattutto sugli incidenti, sui comportamenti e sulle situazioni pericolose che non hanno provocato infortuni, in quanto segnali di malfunzionamento del processo lavorativo stesso. Questi eventi, secondo la terminologia usata, vengono definiti Near Miss.
Il termine Near Miss, di palese origine anglosassone, si può definire come:

  • un evento non programmato che non ha provocato un infortunio ma che aveva il potenziale per farlo;
  • una situazione o un comportamento che ha il potenziale di causare danni a persone o a beni, alla produttività, ecc.

 

La caduta di materiale a causa di urto di un carrello elevatore, all’interno di un magazzino per lo stoccaggio dei prodotti, provoca oggi un danno materiale ma potrebbe provocare un infortunio gravissimo domani. Ecco perché è necessario analizzare anche questo tipo di eventi.

L’obiettivo di un’analisi, resasi necessaria in seguito agli eventi citati, deve essere quello di identificare se le misure previste ed attuate in seguito alla valutazione dei rischi siano adeguate ed efficaci. La stessa analisi può anche identificare i pericoli che non sono stati individuati o sono stati trascurati nella precedente valutazione del rischio.

Purtroppo nel sistema prevenzionistico nazionale, la registrazione dei Near Miss non è un obbligo di legge che espone ad una sanzione per reati di puro pericolo.

La segnalazione e la registrazione dei Near Miss aiuterebbe anche ad identificare eventuali carenze nelle procedure operative come, ad esempio, le deviazioni dalle normali pratiche operative che, anche quando si verificano in un’unica occasione, potrebbero comportare conseguenze significative sull’effettivo livello di sicurezza e tutela della salute del personale operante. Solo nel caso in cui l’azienda adotti un sistema di norme volontarie, come ad esempio le UNI ISO 45001, la registrazione di tali eventi diventa obbligatoria. È però indubbio che la segnalazione, registrazione e trattamento dei Near Miss sia un’attività o, meglio, un’opportunità di miglioramento in quanto permette di identificare eventuali carenze nelle procedure ed istruzioni operative eseguite dall’azienda ed adottare le conseguenti azioni per evitare che tali eventi si ripetano.

La cultura della sicurezza

Si dovrebbe iniziare a pensare alla cultura della sicurezza come un unico insieme dei processi organizzativi, di pratiche professionali, di norme scritte, di convenzioni informali, di linguaggi, di modi di pensare, di percepire e di affrontare il rischio in azienda. Tutto ciò dovrebbe portare ad immaginarsi un vero e proprio generatore di valori per l’impresa.

Una delle credenze da “smontare” è quella dell’assioma:

“SICUREZZA = GRANDI INVESTIMENTI ECONOMICI”

Spesso infatti sono sufficienti importanti e mirati investimenti, ad esempio sulla sensibilizzazione dei ruoli e di responsabilità di capi e coordinatori, e sulle relazioni tra i lavoratori. Per sviluppare una Cultura della Sicurezza sarà quantomeno necessario:

  1. Agire sui comportamenti;
  2. Smontare le cattive abitudini e favorire le buone prassi;
  3. Stimolare la motivazione alla sicurezza;

 

Tutto questo attraverso:

  • la formazione partecipata e periodica a tutti i livelli;
  • il buon esempio dal punto di vista comportamentale, a partire dall’autorevolezza dei responsabili;
  • una comunicazione formale ed informale coerente;
  • un sistema efficace di premi e punizioni: è ormai documentato che la sola informazione non genera cambiamento nelle prospettive personali; l’applicazione di sanzioni disciplinari come atto legittimo per condannare chi non rispetta la normativa (e magari che procura un incidente) senza un investimento sulla cultura della sicurezza (quindi l’adozione, per contro, di un sistema premiante), è altrettanto non foriera di cambiamento e pertanto risulterà essere inadatta e non pertinente.

 

È indubbio che siano necessari più controlli; sorvegliare è difficile, soprattutto nelle piccole e medie imprese, come quella dove ha perso la vita Luana D’Orazio.

Poi c’è il lavoro nero, che riguarda oltre tre milioni di persone senza contratto e che si ritrovano a svolgere le loro mansioni in assenza di alcuna tutela.

Non dimentichiamoci del lavoro nell’ambito delle nuove economie, che hanno come unico pilastro la velocità e dove l’offerta di un servizio al consumatore nel minor tempo possibile diventa l’unica cosa che conta, a scapito della salute dei lavoratori – come nel caso dei rider e dei fattorini, protagonisti del capolavoro di Ken Loach, Sorry we missed you.

Il nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), garantirà una pioggia di miliardi europei all’Italia per la ricostruzione; ma fra progetti di opere infrastrutturali, sviluppo e problemi legati al tema della produttività, sarebbe opportuno e prioritario focalizzare gli interventi volti a garantire la sicurezza sul lavoro.

Ci si augura di non sentire più frasi come quelle che pronunciò il ministro Giulio Tremonti, quando nel 2010 disse che il decreto sulla sicurezza nei luoghi di lavoro era un lusso che non potevamo permetterci.