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RISCHIO AMIANTO NEI LUOGHI DI LAVORO: PROCEDURE DI SICUREZZA E CRITICITÀ

Il 28 aprile è stata la “Giornata mondiale delle vittime dell’amianto” e l’ONA, Osservatorio Nazionale Amianto ha segnalato dati preoccupanti per l’assenza in Italia di provvedimenti incisivi di messa in sicurezza e di bonifica dei materiali in amianto; dati preoccupanti legati al numero ancora elevato di malattie ad esso correlate: 2000 casi di mesotelioma, 4000 casi di tumore del polmone da amianto, 600 casi di asbestosi e 2000 casi di altre malattie asbesto correlate.

Il rischio di esposizione all’amianto è notoriamente piuttosto diffuso, dato l’enorme uso che ne è stato fatto a partire dai primi anni del ‘900. Il primo stabilimento dell’Eternit, una speciale miscela di cemento e amianto, risale infatti al 1907 a Casale Monferrato, che in breve tempo diventa lo stabilimento più grande d’Europa e il primo per produzione di Eternit. Ottant’anni di largo utilizzo: non è difficile immaginare quanto siamo circondati da questo dannoso materiale presente, ad esempio, nelle canne fumarie, controsoffittature, pavimenti in linoleum e vinilici e persino nelle colle, solo per citare alcuni manufatti.

A destare maggior meraviglia è che a “livello internazionale l’uso di amianto è lungi dall’essere cessato, pur essendosi molto ridotto e malgrado un numero crescente di Paesi ne abbia vietato l’utilizzo. Si stima infatti che nel 2019 siano state estratte 1,1 milioni di tonnellate di amianto”, come è specificato nella rivista scientifica U.S. Geological Survey [1].

Il Testo Unico della Sicurezza (D. Lgs. n. 81/2008) sancisce l’obbligo per i datori di lavoro di adottare qualsiasi misura necessaria per l’individuazione della presenza di materiali a potenziale contenuto di amianto, prima di effettuare lavori di demolizione o di manutenzione.

Ciò nonostante, si palesa una prima criticità poiché, in sede di ristrutturazioni, non sempre è prevista la rimozione di Mca e questi potrebbero essere accidentalmente disturbati durante i lavori, quali ad esempio: demolizione parziale dell’edificio, spostamento di pareti interne, sostituzione di rivestimenti, costruzione o rimozione di scaffalature. Dunque è necessario adottare speciali precauzioni che possono arrivare ad includere anche la rimozione totale dell’amianto.

Una seconda criticità è rappresentata dagli eventi accidentali: infatti fino a quando i Mca rimangono nell’edificio, è sempre possibile che si verifichi un evento accidentale con rilascio di fibre, soprattutto di materiali non a vista (sottoterra, sottotraccia) con conseguente presenza di residui di polvere e detriti su pavimenti. Nei casi peggiori, come ad esempio disturbi accidentali o imprevisti, durante un’attività di manutenzione, riparazione o ristrutturazione si rischia una contaminazione dell’area circostante. In questo caso sarà necessario adottare pratiche di igiene professionale:

  • controllare tutti gli accessi all’area interessata e predisporre la segnaletica di avvertimento;
  • adottare un’appropriata protezione respiratoria;
  • pulire a fondo l’area da residui con un panno umido o aspirapolvere munito di filtro HEPA, raccogliendo eventuali polveri e detriti che verranno poi confezionati e smaltiti come Mca;
  • riparare il manufatto danneggiato oppure sigillare con incapsulante;

Naturalmente in caso di consistenti rilasci di fibre, le procedure saranno ancora più rigorose:

  • evacuazione e isolamento dell’area interessata;
  • affissione di avvisi di pericolo;
  • decontaminazione dell’area con sistemi a umido e/o con aspiratori idonei;
  • monitoraggio finale di verifica

Maggiori perplessità si evidenziano in relazione a quanto espresso dal D. Lgs. n.81/2008, per quanto riguarda le attività Esedi, cioè esposizioni sporadiche e di debole intensità, rispettivamente a: art. n.249, al comma 4 del medesimo articolo e agli articoli 253 e 251.
Vediamoli nello specifico.

Nell’art. 249 si dice che il datore di lavoro è tenuto ad effettuare la valutazione dei rischi dovuti alla polvere proveniente da amianto e Mca per stabilire natura e grado dell’esposizione e relative misure preventive e protettive.
Se però nell’arco di tempo delle otto ore il valore dell’esposizione risulta essere entro 0,1 fibre/cm³, la legge dice che si può prescindere da:

  • notifica dei lavori;
  • obbligo di ridurre al minimo l’esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente da amianto o dai Mca;

E al di sotto del valore limite si può prescindere da:

  • sorveglianza sanitaria dei lavoratori;
  • iscrizione dei lavoratori nel «Registro degli esposti ad amianto»;

Al comma 4 del medesimo articolo, il D.Lgs. n.81/2008 prevede che la commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza deve provvedere a definire orientamenti pratici per la determinazione nelle esposizioni sporadiche e di debole intensità.

Nell’art.253 si precisa che, al fine di garantire il rispetto del valore limite di 0,1 fibre/cm³ di aria, misurato come media ponderale nel tempo delle otto ore e in funzione anche della valutazione iniziale dei rischi, il datore di lavoro deve effettuare periodicamente la misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell’aria del luogo di lavoro.
Ma nello stesso articolo si aggiunge che questa disposizione non vale nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensità.

Inoltre nell’art. 251 il legislatore estende l’obbligo dell’uso dei Dpi delle vie respiratorie anche alle attività con esposizioni sporadiche e di debole intensità.

Il “nonsense” è dato dal fatto che se il datore di lavoro non è tenuto ad effettuare periodicamente la misurazione della contaminazione di fibre di amianto (art. 253), non si saprà mai se il valore limite è eventualmente ed eccezionalmente superato.

 


 

[1] U.S. Geological Survey, 2020, Mineral commodity summaries2020: Asbestos, pp.26-27; https://doi. org/10.3133/mcs2020.