VACCINAZIONE DIPENDENTI: LE FAQ AGGIORNATE DEL GARANTE
L’esordio della campagna vaccinale per contenere l’attuale contesto emergenziale dovuto al Covid-19 ha sollevato nei datori di lavoro molte domande sull’adeguata applicazione del GDPR e un crescente timore di incorrere in sanzioni dovuti a trattamenti illeciti e/o discriminatori dei dati personali dei lavoratori.
Il Garante della protezione dei dati personali, nell’intento di garantire il rispetto e la protezione dei diritti dell’interessato, in tema trattamento dei dati relativi alla vaccinazione nell’ambito lavorativo, ha voluto fornire alcune indicazioni utili ai titolari, siano essi imprese private che enti e amministrazioni pubbliche.
Con la nota del 17 febbraio 2021 il Garante, attraverso la pubblicazione sul sito www.gpdp.it di Faq e di una chiara infografica, ha fornito importanti chiarimenti sul tema.
IL DATORE DI LAVORO PUÒ CHIEDERE CONFERMA AI PROPRI DIPENDENTI DELL’AVVENUTA VACCINAZIONE?
Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19.
Perché? Le disposizioni in materia di emergenza sanitaria e quelle sulla sicurezza dei luoghi di lavoro non lo consentono.
MA IL TRATTAMENTO DI TALI DATI E’ LECITO SE FONDATO SUL CONSENSO DEL LAVORATORE?
Il trattamento di questi dati non è lecito neanche se vi è il consenso del lavoratore stesso.
Perché? In ragione dello squilibrio presente nel contesto lavorativo tra l’interessato (lavoratore) e titolare del trattamento (datore di lavoro) così come specificato dal Considerando 43 del Regolamento.
IL DATORE DI LAVORO PUÒ CHIEDERE AL MEDICO COMPETENTE I NOMINATIVI DEI DIPENDENTI VACCINATI?
Il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati.
Il medico competente è l’unico soggetto deputato a trattare i dati sanitari dei lavoratori comprese le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008).
IL DATORE DI LAVORO PERTANTO QUALI INFORMAZIONI PUO’ ACQUISIRE DAL MEDICO?
In base al quadro normativo vigente, il datore di lavoro può acquisire i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e b) d.lgs. n. 81/2008).
LA VACCINAZIONE ANTI COVID-19 PUÒ ESSERE RICHIESTA COME CONDIZIONE PER L’ACCESSO AI LUOGHI DI LAVORO E PER LO SVOLGIMENTO DI DETERMINATE MANSIONI (AD ES. IN AMBITO SANITARIO)?
Attualmente, in attesa di un intervento del legislatore nazionale che ponga la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, è applicabile l’art. 249 del d.lgs. n. 81/2008 in base al quale il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta le “misure speciali di protezione” previste per alcuni ambienti lavorativi e, in particolare, quelli che comportano l’esposizione diretta ad agenti biologici nel luogo di lavoro, come nel contesto sanitario che comporta un elevato livello di rischi per i lavoratori e pazienti.
Al medico competente quindi è riconosciuto un ruolo centrale!
Questi può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.
Il datore di lavoro, nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore, dovrà limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n. 81/2008) e, nel frattempo, adibire i lavoratori alle attività ad essi compatibili:
- equivalenti alla mansione precedente;
- o, qualora ciò sia impossibile, anche ad una mansione inferiore, mantenendo comunque lo stesso trattamento economico e normativo relativo a quella di provenienza.